Caserta, città d’incanto della splendida Campania. Caserta è da sempre associata all’imponente Reggia Borbonica, inserita nel patrimonio dell’umanità dell’UNESCO. Per gli appassionati di basket che hanno vissuto la pallacanestro negli anni 90 il patrimonio da salvaguardare è sicuramente Ferdinando (Nando per gli amici) Gentile, cestista eccellente che, insieme all’altro casertano doc Vincenzo Esposito, hanno fatto innamorare i bambini che cominciavano a seguire questo sport.
Ecco l’intervista a uno dei più grandi personaggi del panorama cestistico italiano:
Essere di Caserta e aver vinto con la squadra della tua città natale, insieme ad un altro grandissimo personaggio del panorama cestistico di Caserta come Esposito oggi dopo tanti anni cosa significa, cosa ti è rimasto dopo tutti questi anni, cosa vuol dire aver scritto la storia?
“È chiaro che quando si vince una competizione così importante come il campionato italiano all’epoca era molto ma molto più importante rispetto al campionato di oggi anche perché ogni anno c’era una squadra diversa che vinceva quindi vincerlo a Caserta con la propria maglia, essendo di Caserta e insieme a tanti altri casertani è stata davvero una grandissima soddisfazione e ora anche se son passati oltre 30 anni da quel famoso 91 tutti ricordano con piacere questa vittoria”.
A livello storico di quegli anni la vittoria della Phonola Caserta contro Milano rappresentò anche un sentimento tra virgolette di rivalsa, di rivincita del sud nei confronti del nord, come successe anche con il Napoli di calcio?
“Sì non solo per quello ma era già la terza finale che facevamo contro Milano e le altre due le avevamo perse. Era la terza finale in 10 anni contro Milano e onestamente non avevamo alcuna voglia di perdere anche la terza volta.”
Nando, da casertano quali sono i pensieri e le emozioni che vivi oggi con la rinascita della Juve Caserta dopo aver vissuto in prima persona, anche se con ruoli completamente diversi, l’apice della storia di una società con la vittoria del campionato e la rinascita dopo qualche anno buio?
“Dopo il 91 ci sono stati degli anni di alto livello. Si è provato con diversi personaggi e diversi presidenti a tenere alto il nome di Caserta e della Juve Caserta ma poi purtroppo l’anno scorso c’è stato il fallimento e c’è stata questa grande voglia di ricominciare soprattutto dal settore giovanile e di ripartire dal basso, dalla C-Silver per arrivare in B e cercare di costruire qualcosa di solido, cercare di costruire una società con personaggi addetti che possano darci una mano ed è quello che stiamo cercando di fare. Non è facile perché chiaramente i tempi, le persone e i soldi sono diversi ma la grande voglia di ricominciare c’è.”
Secondo te cos’è successo al basket italiano. Come siamo passati ad essere un campionato con squadre temute da tutta l’Europa ad una Serie A che ha perso piazze storiche come Siena, Treviso, Caserta, il crollo di Cantù, il ridimensionamento di Varese.. Quali sono alcuni dei fattori principali che ci hanno portato a questa situazione?
“Diciamo che le nuove leggi, i cambiamenti e il fatto di avere tanti stranieri ha un po’ridimensionato e danneggiato la pallacanestro dei giocatori italiani però la verità è che purtroppo non ci sono più scuole per quanto riguarda il settore giovanile e quindi non c’è più la crescita dei giocatori. Non c’è la crescita degli istruttori quindi c’è tanta gente che magari inizia da poco ad allenare ma non c’è scuola e quindi non s’insegna la pallacanestro, cosa che prima si faceva. I grandi allenatori che ci sono oggi, e sono rimasti in pochi, sono tutti allenatori che sono passati attraverso il settore giovanile: Scariolo e Messina ad esempio.”
Dopo i trofei raccolti in Italia sei andato in Grecia e anche lì hai vinto e soprattutto hai portato a casa l’Eurolega. Sicuramente è il momento più alto della tua carriera con la maglia di un club, ma le Final Four contro Efes Pilsen e poi Maccabi Tel Aviv in finale le piazziamo un gradino sopra alla finale vinta contro Milano? Che esperienza fu quella con la canotta del Pana?
“Erano tempi diversi e epoche diverse. Erano passati 10 anni dalla vittoria del campionato. La soddisfazione di vincere il campionato in Italia con la maglia della tua città penso che sia irripetibile. È chiaro anche che vincere l’Eurolega col Panathinaikos, società dove sono stato tre anni, meravigliosi, è stata un’esperienza unica perché abbiamo vinto tre campionati di fila, l’Eurolega e abbiamo disputato un’altra Final Four. Abbiamo raccolto grandissimi risultati. È stata un’esperienza sportiva ma anche a livello di vita è stato fantastico perché ho vissuto in una città bellissima e giocavo in un club organizzatissimo e quindi anche per questo è stata una grande soddisfazione.”
Capitolo nazionale: indossare la maglia e rappresentare una nazione. C’è l’emozione di essere arrivato ma anche il timore di sbagliare oppure un grandissimo campione come te non conosce questa opzione?
“Lo sport è fatto di errori e di vittorie. Quando vieni chiamato a indossare la maglia azzurra rappresenti l’Italia e quindi cerchi di dare il massimo, poi tante volte non ci riesci ma la volontà e la voglia era quella di rappresentare l’Italia nel miglior modo possibile. Abbiamo vinto una medaglia d’argento a Roma nel 91 davanti a un pubblico come quello romano composto da 15000 spettatori e quindi c’erano tante aspettative e riuscimmo a vincere la medaglia d’argento che all’epoca fu un grandissimo risultato.”
Il secondo posto agli Europei del 1991 contro quella Jugoslavia, imbattibile e ingiocabile per chiunque, secondo te è un oro perso o un argento vinto?
“Sì in quel periodo la Jugoslavia era unita e quindi c’erano tutti i campioni in un’unica squadra e devo dire che ce la siamo giocata per i primi 20 minuti poi dopo alla fine siamo crollati anche perché dall’altra parte c’erano giocatori di prima fascia e onestamente è stato un argento vinto. C’erano nazionali molto forti come la Spagna, la Grecia con campioni di prima fascia e vincere la medaglia d’argento è stata una grandissima soddisfazione.”
C’è un giocatore italiano del presente nel quale ti rivedi oppure di Ferdinando Gentile, aggiungo purtroppo in ottica nazionale, ce n’è stato solo uno e dovremo aspettare ancora, magari aspettiamo che cresca ancora un po’ il nipote che di tuo ha già il nome?
“Ahaha, sì sì…ha compiuto due anni, è ancora giovanotto e ci vuole ancora un po’ di tempo. Sicuramente non è facile rivedersi in un giocatore della nazionale di oggi anche perché sono epoche diverse e modi diversi di giocare con fisicità diverse. Ci sono giocatori che quest’anno hanno fatto molto bene in nazionale raccogliendo buoni risultati. Ci sono giocatori giovani molto interessanti e bisogna avere un po’ di pazienza per farli crescere.”
Quanto ha influito sulla scelta dei tuoi figli di diventare cestisti il fatto di portare un cognome così importante nel mondo del basket italiano? La madre è stata sempre d’accordo sulla scelta di Alessandro e Stefano?
“Sia Stefano che Alessandro non preferivano giocare a pallacanestro. Non sono stati mai portati verso questo sport. Stefano quando giocavo a Milano era nel settore giovanile del Milan di calcio. In Grecia Alessandro frequentava una scuola americana e faceva tutto tranne che pallacanestro poi piano piano si sono avvicinati a questo sport, gli è piaciuto, è stato amore a prima vista e poi è diventata una professione per loro.”
Oggi fai di nuovo parte della famiglia del basket casertano. Quali sono le ambizioni della nuova Caserta e cosa ti ha spinto ad accettare il progetto che ti è stato offerto?
“Le ambizioni sono sempre quelle di fare il massimo possibile ma siamo consci e concentrati sul fatto che quest’anno dobbiamo conservare prima di tutto il titolo di Serie B, che è il nostro obiettivo principale. Non sarà facile perché con queste riforme sarà davvero molto, molto difficile. Ci sono squadre attrezzate per vincere il campionato, più sgamate di noi però dobbiamo far valere il nostro fattore campo, i nostri tifosi e la nostra storia per cercare di portare a casa il risultato, per ora…poi dopo si vedrà”.
A cura di Simone Sperduto