Guardandola dal punto di vista di noi tifosi italiani è come se al ballo del principe avessimo visto Genoveffa al posto di Cenerentola e così è la Macedonia del Nord a giocarsi l’accesso ai Mondiali nella sfida di martedì contro il Portogallo mentre l’Italia resta fuori dalla rassegna iridata per la seconda volta consecutiva.
A 11 metri di distanza dalla qualificazione
Gli azzurri avevano buttato via già una buona fetta di qualificazione per Qatar 2022 già nella doppia sfida del girone contro la Svizzera con i due rigori sbagliati da Jorginho che hanno coì permesso agli elvetici di passare come prima del nostro gruppo, relegandoci quindi per le vie impervie dei playoff.
Tante le squadre “complicate” da affrontare sulla carta ma sorteggio che sorride all’Italia e dice Macedonia del Nord con tanto di sollievo per gli appassionati di calcio dello stivale. Ai numeri la sfida tra le due nazionali vede un 32-4 tentativi di cui 5-2 quelli finiti in porta ma il tabellino non mente e il risultato finale ha lo stesso sapore del caffè con sue cucchiaini di sale per noi maestri dell’arte della tazzina a mò di espresso servito tra l’altro freddo.
E di freddo, anzi ghiacciato, c’è il gol degli ospiti al 92mo con la botta rasoterra dalla distanza di Trajkovski che, ironia della sorte, al Barbera ci ha giocato per quattro stagioni. La Macedonia del Nord ha giocato la gara che aveva in mente di fare cercando di resistere agli assalti della truppa di Mancini ma gli uomini mandati in campo dal commissario tecnico italiano hanno molto probabilmente sottovalutato una nazionale giovane, nata nel 1993, che per anni è stata trascinata da Goran Pandev e che adesso ha tra i giocatori di spicco Elmas (proprio quello del Napoli che non è sceso in campo nella gara di giovedì sera) e poi il portiere Dimitrievski (Rayo Vallecano) e il numero 10 Bardhi (Levante, ultimo in classifica in Liga). Il resto della formazione balcanica è sparsa in giro per il mondo tra Arabia Saudita, Zweite Bundesliga tedesca, Svezia, Polonia, Croazia, Ungheria, Romania, Cipro, Moldavia, Belgio e Turchia. L’approccio sbagliato e la rete che tarda ad arrivare facendo così innervosire gli Azzurri e poi alcuni incredibili errori (uno su tutti quello di Berardi a porta ormai vuota) hanno permesso agli ospiti di trovare quella rete alla quale nessuno tra tifosi e addetti ai lavori avrebbe potuto credere fosse possibile fino a quel momento.
Bravi loro che passano e giocano la finale contro il Portogallo, mentre noi, in modo anche poco comprensibile ma voluto dai piani alti, giocheremo una sorta di finalina contro la Turchia in una gara che serve solo per le statistiche e magari per provare qualche esperimento.
Non è colpa di Jorginho o Berardi
Certo uno ha sbagliato due rigori durante le partite di qualificazione del girone e l’altro ha mancato un gol che sembrava essere facile nella sfida contro i macedoni, Immobile non vede la porta e Donnarumma subisce il gol. E Mancini? Qualche scelta poco condivisibile che lo ha fatto diventare capo espiatorio di chi qualche mese fa esultava per la vittoria degli Europei. Facile però puntare il dito contro chi ha effettuato il percorso negli ultimi due anni di Nazionale ma in realtà i demeriti sportivi della nostra generazione calcistica partono da lontano e prendono una bella rincorsa.
Dagli anni d’oro alla catastrofe
C’era un tempo in cui l’Italia del calcio andava a gonfie vele: Mondiali vinti nel 1982, le emozioni del 1990, la finale persa nel 1994 e la vittoria del 2002. Da Paolo Rossi a Mancini e Vialli, da Baggio a Pirlo e Totti. C’era l’Under 21 che dal 1992 al 2004 vinse 5 edizioni degli Europei. Adesso facciamo fatica a qualificarci a un Mondiale nonostante il livello poco esaltante delle avversarie del nostro girone.
Di chi è la colpa?
Sono tanti i fattori che ci hanno portato a un collasso di risultati importanti. I primi accusati dal mondo dei tifosi sono i procuratori che fissano i prezzi di giocatori che ancor prima di mostrare tutto il loro valore raggiungono un valore di mercato esorbitante. Gli addetti ai lavori se la prendono con i club che non permettono ai giovani, come succede invece in Inghilterra e negli ultimi anni in Spagna (e i risultati si vedono), di scendere in campo in Serie A o nelle coppe europee per fare esperienza.