Il ritorno di Max Allegri sulla panchina della Juventus è avvenuto soltanto un anno fa quando il tecnico livornese, dopo due anni di assenza, ha preso il posto del tanto vituperato Andrea Pirlo, allenatore totalmente incapace (secondo i più) ma comunque in grado di vincere Supercoppa e Coppa Italia, nonché di raggiungere il 4° posto in campionato.
Dopo 5 scudetti consecutivi, alla ricerca del bel gioco, era stato commesso un errore nel separarsi da Allegri per andare alla ricerca del bel gioco con Sarri. La Juve non è il Real, alla fine della fiera non è poi così importante lo stile per il raggiungimento del risultato ma il risultato stesso.
Troppo diverso lo stile Juventus dal look spartano di Sarri (tuta e cica in bocca), troppo diverse le esigenze bianconere (vincere, vincere, vincere) dai dogmi Sarriani, troppo impellenti le necessità di fare punti dalla obbligatorietà Sarriana di raggiungere un sistema di gioco, un modo di pensare, di aggredire l’avversario cambiando totalmente il modo di ragionare della squadra.
Fallimento Sarri
Lui non è riuscito a convincere i senatori ed alla fine, per non fallire, si è adattato a loro (non allo stile Juve, quello ha fatto fatica a mandarlo giù, troppo verace, troppo sanguigno per potersi trasformare in un lord in giacca e cravatta) rinnegando di fatto le proprie idee consegnando, alla fine di un campionato condizionato sicuramente dal lockdown, l’ennesimo scudetto ai tifosi bianconeri.
Nemmeno il tempo di capire se si potesse proseguire in una direzione, di fatto neanche intrapresa, che la dirigenza Juventina ha sostituito Sarri (che per andare a Torino s’era beccato anche l’ira funesta di Napoli tutta) con Andrea Pirlo, il cervello della squadra di pochi anni prima, quello che da tutti veniva visto come un allenatore in campo, convinta si trattasse di un nuovo Mancini o, meglio ancora, di un nuovo Pep Guardiola (quanti danni ha fatto quest’ultimo facendo sembrare tutto così facile).
La Juventus non ha giocato bene, sono arrivate tante sconfitte in campionato, come già era accaduto al suo predecessore, ma alla fine due trofei sono stati aggiunti in bacheca.
Difficile dire se qualcosa sarebbe potuto cambiare dando tempo ad un tecnico giovane, acerbo, sbattuto subito al timone della prima squadra senza aver fatto alcuna gavetta, con un carattere particolare che, almeno esternamente, sembra molto quieto e pacato. Di fatto viene subito silurato, meglio tornare al passato, meglio tornare sui propri passi, meglio andare sul sicuro ed ecco il Max Allegri Bis.
Il ritorno di Max
Una scelta che non ha scatenato entusiasmi nei tifosi memori del gioco sparagnino cui avevano assistito negli anni precedenti.
Il contratto firmato dal tecnico capace di vincere 5 scudetti consecutivi è un contratto che oggi, alla luce di quanto sta avvenendo, sembra un vero e proprio cappio che Andrea Agnelli, Nedved e Paratici si sono messi al collo consapevolmente, da soli, senza che nessuno li costringesse: 4 anni a 7 milioni di euro netti + bonus (più un discreto numero di collaboratori).
Prima stagione di certo non esaltante con il piazzamento Champions, risultato assolutamente indispensabile per le esangui casse bianconere.
Dalle stelle alle…
Si pensava quest’anno che le cose sarebbero migliorate, e di molto, e anche le dichiarazioni di Allegri di soli due mesi e mezzo fa (“dobbiamo vincere lo scudetto”) dettate dall’euforia di acquisti clamorosi come Pogba, Di Maria e Bremer e dal ritorno in campo di Chiesa, suonano ora come qualcosa di ridicolo.
La squadra non va, gioca soltanto a sprazzi, la difesa fa acqua da tutte le parti, l’addio di Chiellini e De Ligt è qualcosa che non può essere compensato da Bremer ed un Bonucci giunto al capolinea.
Alex Sandro è un lontano parente del giocatore che fu e pure Szczesny non pare più un baluardo insuperabile.
Di Maria e Pogba (che meriterebbe un capitolo a parte) passano più tempo in infermeria che in campo (fatalità?) mentre l’idea di “primo non prenderle” risulta di difficile applicazione quando non si hanno centrocampisti capaci di fare filtro in modo adeguato ed il reparto arretrato pare poco solido.
In campionato i punti dalla vetta sono già 10 ma, ciò che preoccupa maggiormente, sono le prestazioni.
L’ultima sconfitta in casa del Milan è emblematica, come con la Roma i ragazzi di Allegri hanno dominato la prima parte della partita (rossoneri decimati dagli infortuni) per poi sbriciolarsi alla prima difficoltà.
Una sconfitta tremenda che fa il paio con quella rimediata pochi giorni fa a Monza (prima vittoria in assoluto dei lombardi in A) e inframezzata soltanto dalla vittoria con un Bologna allo sbando.
Il cammino della squadra di Torino è fin qui pieno zeppo di inciampi (pareggio con Samp e Salernitana, con quest’ultima addirittura in casa), di risultati che avrebbero fatto incassare cifre miliardarie ai vecchi pronosticatori del Totocalcio.
In Champions, se possibile, le cose vanno ancora peggio e la sconfitta clamorosa di martedì sera conseguita contro il Maccabi Haifa (!) mette i bianconeri ad un passo dall’eliminazione.
La squadra è in ginocchio e l’impressione è che il ritiro voluto da Allegri, da oggi fino al derby con il Toro, sia qualcosa di dovuto agli occhi dell’opinione pubblica e non qualcosa di davvero sentito e necessario per il tecnico bianconero.
Ciò che vorrebbe il pubblico tutto oggi è qualcosa di ben diverso e neanche una vittoria fragorosa al derby cambierebbe la sostanza: Allegri Out.
Dimissioni?
E’ ciò che si legge ovunque e, sicuramente, anche all’interno della dirigenza è un sentimento che monta ogni giorno di più ma, qui casca l’asino, il contratto sottoscritto mette le manette, la museruola o il cappio, fate voi, a chi in questo momento dovrebbe o vorrebbe, decidere la cosa più ovvia: l’allontanamento dell’allenatore.
Quest’ultimo, forte di tale contratto, come tutti i suoi colleghi, non ci pensa neanche lontanamente di fare un passo indietro e prosegue dritto per la sua strada nella speranza che i risultati comincino ad arrivare.
Ma è veramente così? O semplicemente attende il licenziamento per godersi vacanze super retribuite per quasi tre anni?
Come mai in pochi, pochissimi, si dimettono? A memoria viene Orrico (nel lontanissimo 1992) o Marcello Lippi (nel 1999) poi niente anzi più facile sentire frasi come “fossi nel presidente mi caccerei” (Mondonico e Lippi all’Inter) che “non posso andare avanti così, mi dimetto”.
Il problema è sempre e solo uno, la pecunia!
Dopo il fragoroso tonfo di Champions però, in casa bianconera si staranno facendo i conti per benino chiedendosi quale sia il vero prezzo di Allegri, quello dell’ingaggio (suo e dei collaboratori) o quello che potrebbe provocare un mancato ingresso agli ottavi di Champions o, peggio ancora, nella prossima Champions League se non si raggiungesse neanche il quarto posto?
Roba da scervellarsi di brutto, inutile dire però che, non ci fosse stato un contratto così oneroso per una società con un bilancio già non floridissimo, le sorti dell’allenatore sarebbero segnate.
Ma vale veramente la pena sottoscrivere contratti simili?
Per i beneficiari sicuramente (se le cose vanno bene è un trionfo, male che vada lo è dal punto di vista economico) ma per coloro che elargiscono il danaro?
Una volta sottoscritto un contratto di tale portata se ne diventa schiavi, ma è davvero giusto così?
Forse è il caso che, ai massimi livelli, si ridimensioni questa voglia compulsiva di avere ad ogni costo il top poiché scelte sbagliate o sfortunate possono trascinarti nel baratro (come accadde anche a Cragnotti con Mendieta).