Ormai la scelta di Mourinho era ben chiara, si puntava al trofeo, o tutto o niente.
La qualificazione alla prossima Champions League passa da lì, se fosse arrivata sarebbero giunte anche fama, gloria e posto nella massima competizione europea come testa di serie.
Il campionato è ormai passato in secondo piano, gli uomini migliori preservati per il raggiungimento di un obiettivo storico, quell’Europa League mai vinta da un’italiana dal giorno della sua istituzione, nel 2009, al posto della Coppa Uefa ma nemmeno stavolta siamo riusciti a portarla a casa.
Se si considera anche quest’ultima, l’ultimo trionfo “italiano” risale al 1999 quando il Parma trionfò sull’Olimpique Marsiglia portando a due i trofei raccolti dalla squadra crociata.
Per la Roma sarebbe stato il primo grande trofeo Europeo, considerando il valore minore della Conference League dello scorso anno, e comunque il secondo trionfo consecutivo. Qualcosa di unico nella storia ormai quasi centenaria del club capitolino che aveva disputato una finale di Coppa Uefa nel 91 contro l’Inter (persa) ed una di Coppa Campioni nell’84 contro il Liverpool all’Olimpico (persa ai rigori).
Nelle ultime 7 giornate la Roma ha inanellato ben 3 sconfitte e 4 pari ma il vero punto di svolta della stagione pare essere stato il pareggio interno con il Milan, un pareggio giunto al 97° minuto dopo che la vittoria sembrava essere ormai raggiunta (il vantaggio era arrivato al 94°).
Da quel momento solo delusioni ma, soprattutto, una scelta ben precisa: provarci ma senza dannarsi l’anima, senza rischiare di pregiudicare le proprie chanches di raggiungere un trofeo. Scelta rischiosa che si è rivelata adesso fallimentare.
Già la rosa pare risicata (a sentire le continue lamentele di Mou), gli infortuni continui, la presenza di Dybala sempre un rebus, meglio preservare i migliori.
La scelta però, alla luce della classifica attuale, pare alquanto azzardata. La Roma infatti al netto della penalizzazione subìta dalla Juventus è fuori dalla lotta per il quarto posto e rischia addirittura di rimanere fuori da tutto.
L’ALL IN di Mou è qualcosa di veramente condiviso dai vertici societari?
In caso di vittoria il tecnico portoghese avrebbe aggiunto un altro trofeo nella sua già ricchissima bacheca e consegnato alla gloria il club giallorosso prendendosi gran parte dei meriti nel trionfo che la città, sulla sponda romanista, attende da una vita. È già un capopopolo, un idolo incontrastato, amato ed osannato dalla sua gente, la conquista dell’Europa League lo avrebbe consegnato alla storia mettendolo al fianco di Capello e Liedholm come uno dei più grandi tecnici ad essersi seduti sulla panchina del club di Trigoria.
E ora, dopo la sconfitta? Cosa ne sarà della Roma e di Mourinho?
In campionato, forse ad arte, si è fatto ammonire e non sarà presente nell’ultima casalinga domenica prossima?
Non si è nemmeno presentato in conferenza stampa, adducendo scuse improbabili, forse proprio per evitare domande scomode.
Non resta che vincere, l’imperativo è soltanto quello, una sconfitta sarebbe sanguinosa per il club e le sue casse che lamentano già un passivo pesantissimo mentre per il suo allenatore sarebbe soltanto gloria, a prescindere dal risultato, visto lo stato di venerazione di cui gode in città.