L’UTOPI
Un’altra batosta per la Lazio di Sarri nella trasferta europea di Rotterdam, una trasferta iniziata sotto ben altri auspici vista la bella vittoria di Reggio Emilia contro il Sassuolo (favorita anche dagli strafalcioni difensivi degli emiliani) e le parole, purtroppo solo tali, pronunciate alla vigilia dal tecnico volte ad avere un atteggiamento feroce, spavaldo e tosto (in realtà il mister s’è espresso in maniera più colorita ndr) di fronte ad avversari notoriamente con il dente avvelenato soprattutto tra le mura amiche.
Nulla di tutto ciò, ancora una volta la Lazio s’è mostrata arrendevole da subito, per nulla determinata a vendere cara la pelle sconfessando totalmente i bei propositi enunciati alla vigilia.
Ancora una volta si è approcciata la trasferta europea, prestigiosa e dai risvolti importanti non solo in termini di classifica e passaggio del turno ma anche dal punto di vista economico visti gli introiti che ogni risultato in questa competizione determinano per le casse dei clubs che vi partecipano, nel modo peggiore possibile. D’accordo, il Feyenoord è sicuramente una buona squadra ma se la Lazio deve subire in questo modo dai campioni d’Olanda cosa accadrebbe se di fronte si dovessero trovare formazioni le cui ambizioni sono quelle di alzare la coppa dalle grandi orecchie?
Non c’è una differenza tale tra le due squadre da giustificare un’arrendevolezza tale, una prostrazione totale di fronte ad un avversario che poteva far male ogni volta che si proponeva in avanti.
Casale è il lontano parente del poderoso centrale che aveva contribuito in maniera determinante ai 21 clean sheet dello scorso anno, il centrocampo pare aver perso sicurezza nonostante un ispiratissimo Luis Alberto ma manca di velocità e ferocia nei contrasti ma soprattutto a livello caratteriale pare essere una squadra poco propensa alla battaglia, poco incline a misurarsi in scontri a tutto campo, rincorse e duelli su ogni pallone.
Ogni qual volta si para davanti a Sarri & co una compagine aggressiva e desiderosa di battagliare la Lazio ne esce con le ossa rotte (vedasi Milano con i rossoneri di Pioli o Torino con la Juventus).
Cominciano ad essere inquietanti questi episodi per una squadra che stavolta è stata ben allestita da Lotito (sebbene in colpevole ritardo), con alternative valide in ogni reparto tranne che in difesa ma, si sa, nessuno è perfetto.
In tutto ciò pare proprio il tecnico quello ad essere in maggior confusione. Poco avvezzo a cambiare (salvo lamentarsi in passato della mancanza di alternative) non riesce a trovare la quadratura del cerchio a centrocampo e trascura colpevolmente parecchi giocatori (Kamada, Pellegrini e Isaksen in particolare).
Ciro Immobile è in ritardo ma si preferisce tentare il recupero immediato anziché affidarsi a Castellanos che sta dimostrando sul campo di meritare spazio.
Il tecnico toscano accampa scuse di vario genere mentre il tempo passa e la situazione sta diventando complicata sia in campionato che in Champions facendo venire cattivi pensieri a chi segue la Lazio e la domanda nella gente comincia a serpeggiare: “ma siamo sicuri che questo è l’allenatore giusto?”
L’atteggiamento della squadra ricorda quello della Lazio di Zeman ed il paragone tra l’utopia del boemo e quella del livornese può starci più di quanto si possa immaginare.
Uno giocava prettamente all’attacco fregandosene della fase difensiva mentre Sarri è molto più attento a quest’ultima ma, alla fine, di utopia vera e propria si parla in entrambi i casi: vincere dando spettacolo.
C’è riuscito Spalletti lo scorso anno, riuscirà Sarri a farlo senza fare le valigie prima?