In una nazione figlia dello sgretolamento della Jugoslavia sconvolta dalla guerra interna che però non ha interessato militarmente Lubiana e dintorni in quanto la dichiarazione d’indipendenza giunse poco prima l’inizio del conflitto, il basket si è sempre giocato.
La Slovenia in molti sport ha dovuto però vivere spesso un po’ all’ombra di Croazia e Serbia, vere e proprie fonti di talenti in tante discipline. Chiaro che prima della disgregazione delle repubbliche balcaniche si nasceva e si giocava per la Jugoslavia ma comunque risultava complicato riuscire ad emergere dalle squadre provenienti dal territorio sloveno. Da quelle parti ovviamente si conoscevano il Partizan e lo Stella Rossa, qualche campionato vinto anche da Spalato, Cibona Zagabria, qualche sporadica vittoria in YUBA League (massimo campionato jugoslavo di basket dal 1945 al 1992) dello Zara, del Bosna e dell’OKK Belgrado. L’unica squadra slovena in grado di vincere 6 titoli jugoslavi è stata l’AŠK Lubiana, piazzatasi alle spalle dello Stella Rossa nella classifica All Time per numero di titoli vinti e motivo di grandissimo orgoglio per gli sloveni appassionati di basket.
Primo croato e primo serbo in NBA
L’NBA apre le porte ai giocator stranieri e il primissimo ad approdare negli States è stato, con sorpresa generale, un islandese Petur Gudmundsson, nel 1981. I primi giocatori della zona balcanica ad approdare in NBA nel 1989/1990 furono il croato Petrovic e il serbo Divac, tra l’altro grandissimi amici che poi però la guerra divise in maniera irrecuperabile tanto che uno dei più grandi rimorsi di Vlad Divac è quello di non essere mai riuscito a ricucire il rapporto con l’amico Drazen, scomparso prematuramente a causa di un incidente d’auto avvenuto nel 1992 in Germania. Dopo di loro che hanno figurato benissimo oltreoceano si sono aggiunti poi altri mostri sacri della pallacanestro “Košarka” (come la chiamano loro). Ormai la Slovenia è una nazione indipendente e c’è già il primo campionato nazionale di basket vinto, ovviamente, dall’Union Lubiana che dal 1991-92 ne porta a casa 8 di fila. In totale i biancoverdi ne hanno raccolti 17 finora. A ruota segue il Krka di Novo Mesto che ne ha 7. In realtà l’Union avrebbe anche da mettere in conto il sigillo del 2021 vinto dal Cedevita Olimpia, squadra nata dalle ceneri del Cedevita Zagabria fusasi con i biancoverdi della capitale slovena.
Marko Milič
Il primo sloveno a strappare un contratto in NBA è Marco Milič che nel 1997 viene ingaggiato dai Phoenix Suns e da quel momento non sono poi tantissimi i professionisti che provengono dal Paese che confina anche con l’Italia a raggiungere l’America ma sono quasi tutti di incredibile qualità. Così mentre la Slovenia comincia a farsi un nome anche nel campionato più spettacolare del mondo. Nonostanti il momento a dir poco propizio per il movimento sloveno manca però ancora quel giocatore in grado di far fare il salto di qualità alla nazionale che non va oltre il quarto posto ai Campionati Europei del 2009. C’è Goran Dragić, c’è Bostjan Nachbar ma non c’è il classico trascinatore assoluto in grado di segnare un numero di punti che permetta quasi di stendere l’avversario da solo.
Luka Dončić: il predestinato
Nella valle del fiume di Ljubljanica dove Carso e regione alpina si sfiorano le preghiere dei tifosi sloveni di poter avere un beniamino assoluto da adulare ai livelli di Petroivc e Divac diventa finalmente realtà: il 28.2.1999 nasce Luka Dončić che in sloveno è semplicemente un cognome ma che nel mondo della palla a spicchi è sinonimo di spettacolo e magia. I suoi primi passi cestistici sono tra le fila dell’Olimpia Lubiana ma il Real Madrid lo nota e lo porta subito in Spagna e così all’età di 13 anni diventa un giocatore dell’Accademia marchiata Real. Comincia a sfornare record su record e inizia da giovanissimo (appena sedicenne) a calcare i campi dell’ACB e dell’Eurolega vincendo trofei e collezionando riconoscimenti personali di un certo rilievo. Possiede già da bambino quella passione maniacale per il basket che abbiamo visto in passato per giocatori come Kobe Bryant: un allenamento non era abbastanza, voleva restare in campo anche dopo e se un giorno non c’era l’allenamento lui andava a tirare al campetto, addirittura non lo fermava nemmeno la pioggia. Se c’era un torneo nella palestra dove si allenava e giocavano i ragazzi un po’ più grandi non voleva saperne di andarsene e “costringeva” l’allenatore a farlo giocare e lui rispondeva con ottime prestazioni nonostante la differenza. Agile e velocissimo nell’uno contro uno non ha mai lasciato praticamente scampo agli avversari diventando troppo forte per gli standard europei. In una gara giovanile disputatasi a Roma mise a referto 54 punti. Quando arrivò a Madrid era molto piccolo e timido ma in campo faceva cose che impressionavano tutti e infatti il Real dopo pochi allenamenti decise di portarlo a giocare la Minicopa a Vitoria dove persero la finale contro il Barcellona.
NBA is calling
Nel 2018 a 19 anni arriva la chiamata dei Dallas Mavericks e per Luka un sogno diventa realtà. Non paga assolutamente lo scotto dell’emozione e si proclama a suon di prestazioni di altissimo livello a ereditare la pesantissima corona appartenuta a re Dirk Nowitzki, che a Dallas ci ha giocato per 21 stagioni contribuendo in maniera significativa alla vittoria dell’anello nel 2010/2011. La media di Luka è da capogiro e fa sognare i tifosi di Dallas come il nuovo che avanza, il predestinato scelto dalla squadra ma che ha scelta anche quella compagine per consacrarsi come il più forte della nuova generazione. Lo sloveno affonda a suon di punti, assist e stoppate chiunque passi sulla sua strada: ne rifila 51 ai Clippers suo record personale in NBA. Il viaggio verso le finals si chiude con il 4-1 subito per merito dei Golden State che le hanno provate tutte per fermarlo ma comunque minimo 25 punti a partita li hanno pur sempre concessi a Dončić o forse se li è presi lui come fa sempre, con naturalezza, forza e volontà.
La Slovenia sul tetto d’Europa
Lo cercavano in Slovenia quel giocatore in grado di surclassare tutti. Eccolo. Agli Europei del 2017 è semplicemente devastante: in ogni gara giocata il suo nome compare sempre in qualche statistica come il migliore della gara per numero di punti o palle rubate o assist o rimbalzi. Aiutato da Goran Dragić il capovolavoro cestistico è servito contro gli acerrimi rivali della Serbia, quelli che storicamente sono stati sempre i più forti a livello europeo, quelli che devi battere giocando al massimo perché i serbi nelle finali degli sport a squadra non conoscono il concetto di sconfitta figlio di una giornata storta. A un certo punto della gara Dončić prende un rimbalzo, si fa tutto il campo, dribbla e va a schiacciare strappando gli applausi del mondo appassionato di basket e addirittura, cosa che succede davvero di rado, anche dei tifosi della Serbia che riconoscono la strapotenza del giovanissimo ragazzo di Lubiana. Serbia strapazzata 93-85, Luka e Goran portano la Slovenia sul tetto d’Europa, primo oro della giovane storia di una nazione che è pronta a fare quel salto di qualità che non riusciva a fare negli anni del pre Dončić. Oltre alla medaglia d’oro Luka e Goran sono riusciti a trascinare la Slovenia per la prima volta nella storia ai Giochi Olimpici dove si sono arresi davanti alla Francia grazie a una prestazione mostruosa di Batum che ha letteralmente tarpato le ali del novello cestista di belle speranze. Alla fine però Dončić sa di aver realizzato un qualcosa di gigantesco per la sua nazione: quarto posto alle Olimpiadi per la Slovenia, dopo l’oro europeo, non è cosa che si vede tutti i giorni.
Vedremo se il talento ormai affermato di Lubiana riuscirà anche a portare a casa un titolo NBA nelle stagioni a venire per entrare nella top ten dei migliori di sempre. Noi intanto continueremo a farci ammaliare dalle grandissime giocate di un ragazzo che proviene da una nazione che agli amanti del basket italiano ha regalato un pezzo storico della nostra pallacanestro: Gregor Fučka alias “airone di Kranj” nato in Slovenia ma naturalizzato italiano in quanto figlio di padre triestino e che ha rivestito un ruolo decisivo nell’oro e nell’argento europeo vinti dalla nostra nazionale nel 1999 e nel 1997.