Al termine di un’annata storica, di una cavalcata che rimarrà negli annali del calcio italiano (e non solo), Luciano Spalletti, tecnico neo campione d’Italia, lascia il Napoli.
La notizia era nell’aria ma qualche giorno fa, alla trasmissione di Fabio Fazio (Che tempo che fa), il presidente Aurelio De Laurentis l’ha ufficializzata: l’allenatore di Certaldo vuole un anno sabbatico e lui, che è buono e generoso, gliel’ha concesso.
Ma sarà veramente così?
E’ davvero lo stress a consumare inesorabilmente questo personaggio fumantino o la consapevolezza di aver fatto qualcosa di irripetibile a spingerlo verso questa decisione? O forse l’idea che, per migliorare, per proseguire in una certa direzione bisogna continuare ad investire e non fare ciò che la ditta DeLa ha fatto sino ad ora (vendere e poi reinvestire i capitali).
Le voci sempre più insistenti che circondano Osimhen e Kvaratskhelia, due tra i principali artefici di una stagione da incorniciare, non sono certo incoraggianti in tal senso, essere ricoperti d’oro per questi campioni non significa riuscire a sostituirli adeguatamente.
Un rullo compressore, un’egemonia totale in campionato, un distacco abissale con le inseguitrici.
Non solo in campionato la quadra di Spalletti ha fatto faville, anche in Champions nessuno sembrava poter contrastare lo strapotere partenopeo fino alla disfatta subìta con il Milan ai quarti di finale.
E’ bene ricordare infatti che, prima di tale sfida, i favori del pronostico erano tutti dalla parte del Napoli che sembrava destinato a competere anche per la vittoria finale in Champions.
Non tutto è andato per il meglio, gli infortuni hanno cominciato a pesare, il calo di rendimento del georgiano ed alcune ingenuità hanno pregiudicato un finale che poteva essere ancor più esaltante.
Ebbene il presidente, anziché esaltare l’operato di Spalletti (l’importanza del cui operato è assimilabile a ciò che riuscì a Ranieri con il Leicester), anziché concedergli totalmente il proscenio per ricevere la meritata standing ovation, anziché omaggiarlo pubblicamente ha pensato bene, durante i festeggiamenti, di procedere con il rinnovo unilaterale di contratto tramite Pec.
Uno smacco, un affronto, un modo di dire “qui comando io”.
Anche le sue dichiarazioni successive nelle quali ha teso a sminuire il lavoro di Spalletti facendo ben capire che l’allenatore ha saputo ben guidare la rosa messa a disposizione dalla società, inquadrano bene la situazione.
L’allontanamento di Spalletti è un gran peccato per il Napoli, che difficilmente sarà in grado di ripetersi, e per il calcio italiano che perde un grandissimo tecnico mentre l’arrogante De Laurentis, molto probabilmente, dovrà fare mea culpa tra non molto per aver causato questo traumatico distacco.