L’asfalto a pochi centimetri dagli occhi, lo sguardo attento, concentrato, non si può sbagliare, qualsiasi leggerezza può significare un volo tremendo.
Il viso coperto da un casco integrale rigorosamente personalizzato, il mezzo meccanico un tutt’uno con il corpo, i muscoli, le emozioni, le paure.
Incollato alla gomma posteriore dell’avversario ne sente le vibrazioni, gli scoppiettii del motore, le cambiate rapide per la frenata prima della curva e pregusta il momento in cui sarà quest’ultimo a guardare la sua marmitta mentre se ne va indisturbato al termine di un sorpasso mozzafiato davanti al pubblico, rigorosamente vestito di giallo, che con un intenso boato accompagna la manovra spericolata ma elegante del campione di Tavullia.
L’emozione, il duello, la rivalità con il “nemico” di turno, possa essere Max Biaggi o Kasey Stoner, Marc Marquez o Sete Gibernau, ciò che conta è spingere, darci giù di brutto, sentire il rombo del tuo motore fendere il vento ad una velocità inaudita mentre tutto intorno esplode ma per te è fermo, quasi inesistente.
Per Valentino Rossi, che domenica è sceso per l’ultima volta dalla sua Yamaha al termine di una gara di MotoGp, questo era gareggiare, qualcosa che forse andava anche oltre ciò che tutti si sono sempre aspettati da lui: la vittoria.
25 anni su due ruote, un carattere solare ma fumantino, tipico della regione da cui proviene.
Un campione tanto amato quanto odiato in patria, per il coraggio delle proprie opinioni e per vicissitudini finanziarie che l’hanno reso poco simpatico ad alcuni mentre, dal punto di vista sportivo, è stato un vanto per l’intero Paese ed è stato acclamato come un dio in ogni dove.
Su ogni circuito ha fatto più volte innervosire anche i campioni di casa per quel seguito quasi inspiegabile che l’ha sempre accompagnato numeroso, chiassoso e festoso come i suoi festeggiamenti folcloristici che, da sempre, lo hanno reso particolare, simpatico e stravagante. Un qualcosa che, fino al suo arrivo, non si era mai visto.
Figlio d’arte, con il buon Graziano ad indicargli la strada ed il fido scudiero Uccio sempre al fianco, ha iniziato la propria carriera vincendo, già da giovanissimo, avvicinando il pubblico al mondo delle due ruote per quel modo di stare in pista grintoso, spregiudicato ma mai sopra le righe, almeno in pista.
Negli anni in Honda, dal 2000 al 2003, giocava al gatto col topo, gli piaceva partire con calma, senza dannarsi l’anima per le pole positions (qualcosa che poi pagherà nel prosieguo di carriera), sapeva di avere un grande mezzo e di riuscire a recuperare con facilità grazie a quelle “staccate estreme” che per gli altri erano semplicemente impossibili.
Spesso rimaneva dietro, magari secondo, portando il leader della corsa all’esasperazione, al limite dell’errore, sapendo di poterlo infilare a proprio piacimento quando il momento fosse adatto.
Dopo 4 anni sembra stufo di vincere con la Honda e passa alla Yamaha, che da tempo non riusciva a trionfare nel mondiale piloti e la porta subito al successo, due mondiali consecutivi che si aggiungono ai 3 precedenti vinti.
Semplicemente il migliore, per molti, di sempre.
Potevano anche essere 3 i mondiali consecutivi ma una serie di circostanze sfortunate e qualche errore lo relegano al secondo posto dietro al compianto Hayden nel campionato del 2006.
L’anno dopo se la deve vedere con un fenomeno assoluto come Stoner che, messe da parte le cadute che ne avevano caratterizzato gli inizi di carriera (veniva soprannominato per questo ‘Rolling Stoner‘), è riuscito a domare come nessuno prima una Ducati dal potenziale enorme ma difficilmente addomesticabile.
Grandissimi duelli, non privi di polemiche, quelli tra l’australiano ed il nostro Vale che, dopo una stagione chiusa al terzo posto lo vede nuovamente dominare il proprio avversario, portando a casa altri due titoli di Campione del Mondo (2008 e 2009).
Parole di fuoco tra i due quando Valentino, per molti anni elegante e pulito nei sorpassi, ha dovuto smettere gli abiti buoni ed usare la forza nel momento in cui le circostanze ne chiedevano l’uso.
Sembrano però gli ultimi fuochi di una carriera incredibile, l’apice ed allo stesso tempo il culmine di qualcosa di irripetibile ma, a 30 anni suonati, Valentino non ne vuole sapere di scendere di cavallo, si sente ancora competitivo, forte, pronto ed anzi, accetta una nuova difficilissima sfida, rimpiazzare proprio il nemico Kasey Stoner in Ducati.
Saranno due anni amari, pieni di cadute, insopportabili delusioni per lui ed i suoi tifosi.
Proprio non c’è feeling con il team di Borgo Panigale. Il divorzio è inevitabile, meglio tornare all’ovile in Yamaha dove ritroverà Jorge Lorenzo con il quale poca simpatia c’era stata nella passata esperienza (famose le tende a dividere la scuderia per evitare passaggi di informazioni tra i due).
Dato ormai per finito, dopo gli anni ducatisti, saranno i fatti a dargli ragione. Valentino Rossi è ancora competitivo.
Dopo un po’ di rodaggio (4° nel campionato del 2013) conquista 3 secondi posti consecutivi di cui uno rimarrà per sempre impresso nella memoria degli appassionati di motociclismo: il decimo mondiale sfumato nel 2015.
Marc Marquez, da sempre mostratosi, a parole, grande estimatore di Valentino, definendolo il proprio idolo da bambino (tra i due ci sono ben 14 anni di differenza), ha cominciato a provare sentimenti ben diversi quando il “vecchio” sembrava poter contrastarlo veramente nella corsa al titolo mondiale.
Il 3 volte (consecutive) campione spagnolo è arrivato allo scontro, anche fisico, con il pesarese al termine del campionato del mondo che Valentino Rossi stava cercando, faticosamente, di portare a casa e coronare il sogno di arrivare a 10 titoli mondiali vinti.
Sarà proprio il comportamento altamente antisportivo di Marc Marquez a rovinare l’ultima grande stagione del fuoriclasse di Tavullia, favorendo il connazionale Jorge Lorenzo in modo clamoroso ed indegno, un qualcosa che mai si era visto in nessuno sport: non tentare di vincere o di far perdere il proprio avversario traendone un vantaggio ma soltanto per impedirgli la vittoria ed avvantaggiare un soggetto terzo (neanche compagno di scuderia).
I fattacci del 2015 segnano la fine del sogno per Valentino che tenterà di rifarsi negli anni successivi, soprattutto nella stagione 2016 quando i due non si rivolgono la parola e non se le mandano certo a dire e il pilota di Tavullia concluderà ancora al secondo posto.
Dopo il 2016 il declino è ormai evidente e le possibilità reali di vittoria pressoché inesistenti.
Sarebbe forse meglio chiudere qui ma per Vale non conta soltanto vincere, non contano soltanto gli interessi enormi in gioco (la Vale46 Sky Academy e tutto il resto), conta l’emozione, il brivido, la lotta con gli altri ben più giovani piloti.
Il fisico non risponde come prima, a questo livello basta un riflesso più lento di pochi centesimi e si perde tanto, tantissimo, troppo.
I rischi che si corrono sono enormi, tremendi, basti pensare ai colleghi ed amici che il 46 ha perso negli anni come Norifumi Abe o lo scatenato Simoncelli, sul cui corpo esamine al centro della pista le sue ruote e quelle di Colin Edwards erano passate senza poterlo evitare.
Lutti che hanno segnato il pilota italiano che è sembrato però volerli scansare, evitare, chiuderli in un angolo nascosto della propria anima per non dover rinunciare a ciò che più ha sempre amato fare: correre e correrne il rischio.
Poteva morire anche lui, soltanto un anno fa, se solo la sorte non avesse deciso di scansare le moto impazzite di Zarco e Morbidelli, proiettili volanti dopo un impatto assurdo tra i due che hanno letteralmente fatto il pelo alla sua moto transitante in curva.
Qualcosa di sovrannaturale ha evitato una morte quasi certa e quello, forse, poteva essere il momento giusto per smettere.
Ma un campione non vorrebbe mai dire basta se ciò che fa è ciò che ama, ciò che gli dà vita.
Difficile anche capire l’entità reale del calo di Valentino se si confrontano le prestazioni del campione pesarese coi compagni di scuderia (da Vinales a Morbidelli) incapaci di fare qualcosa di nettamente superiore rispetto a lui.
Il sorriso con il quale ha terminato l’ultimo emozionante e commovente Gran Premio sono però ciò che più rimarrà scolpito nella memoria dei tifosi italiani (e non solo): si è divertito, ha fatto tutto ciò che poteva chiudendo decimo, col solito impegno, il solito coraggio.