Viso scolpito, sguardo attento, poche parole mai superficiali, ecco a voi Ivan Jurić.
Chiunque ami il calcio ha sempre sentito parlare del Grande Torino, quello che “tremare il mondo fa”, quella squadra leggendaria di uomini straordinari capaci di vincere e combattere ovunque per anni e anni, diventando un mito assoluto ancor prima di quel 4 maggio del 1949 in cui, la tragedia di Superga, spazzò via l’intera squadra lasciando attonita l’Italia intera. Una squadra di giocatori che, oltre alle doti tecniche, aveva nella fierezza e nella voglia di combattere una delle prerogative più importanti (famoso il gesto di Valentino Mazzola che, quando la partita lo richiedeva, tirava su le maniche della maglia aizzando il pubblico e dando un segnale ai propri compagni: bisogna lottare, combattere, da questo momento in poi si fa sul serio).
Questo spirito combattivo, questa voglia di superare gli ostacoli, di andare oltre i propri limiti ha contraddistinto il Grande Toro e lasciato un segno nei giorni a venire.
Grandi allenatori si sono succeduti alla guida dei piemontesi, ottenendo grandissimi risultati (Radice e Mondonico su tutti) ma soprattutto negli ultimi anni in molti hanno stentato non poco nel guidare questa squadra, soprattutto ciò che sembrava sempre mancare era lo spirito, l’animus pugnandi granata.
Ecco che quest’anno finalmente, sulla panchina del Toro, c’è qualcuno che forse incarna veramente al 100% questo spirito: Ivan Jurić.
L’allenatore croato, con alle spalle “appena” 10 anni di carriera, ed un inizio peraltro travagliato (svariati esoneri e vicissitudini prima come vice del “maestro” Gasperini poi nella “sua” Genova) sembra essere diventato in poco tempo il vero leader di una squadra alla ricerca di compattezza, solidità e credibilità.
Un uomo che non le manda di certo a dire (già a fine mercato si è esposto non poco nel chiedere a gran voce rinforzi) e che fa del combattimento in campo una delle prerogative imprescindibili del proprio gioco.
Un modo di interpretare il calcio che non può non far innamorare il tifoso, quello che segue la propria squadra a prescindere da chi indossa la maglia ma che vuole che, a fine partita, quella stessa sia intrisa di sudore, strappata dagli scontri furibondi nella lotta per il possesso di un pallone, macchiata del sangue della battaglia appena terminata. Questo vuole il tifoso, ancor più del bel gioco, del tiki taka, dello schema ossessivo volto al raggiungimento della perfezione.
Chi ama una squadra vuole il massimo impegno dagli undici in campo prima di ogni cosa (se poi ci sono campioni e bel gioco, ancora meglio).
Ivan Jurić è un allenatore che, ricalcando le orme di Gasperini, suo mentore, ha saputo negli ultimi anni portare il Verona a livelli inimmaginabili, coniugando aggressività e ferocia in ogni parte del campo al gioco, anche bel gioco, facendo sì che la propria squadra risultasse uno scoglio difficilmente superabile per chiunque.
Questa attitudine l’ha trasferita in poco tempo anche al Toro, una squadra che fino a ieri viveva di alti e bassi (più questi ultimi sfortunatamente), che spesso si scioglieva come neve al sole di fronte alle avversità, che non riusciva appunto ad avere quel carattere che dovrebbe avere un giocatore granata quando indossa quella gloriosa maglia.
Lo sguardo sempre attento, i solchi su un viso che dimostrano più dei suoi 45 anni, gli occhi spiritati e l’attenzione ai minimi dettagli, la voglia spasmodica di stare sempre sul pezzo, di lottare e combattere come faceva da giocatore anche ora che guida i propri ragazzi dalla panchina, hanno posto Juric sotto i riflettori.
Non avrà l’aplomb di un Inzaghi o un Allegri, il look elegante di un Ranieri o di un Pep Guardiola ma questo allenatore ha carattere, sostanza, idee di gioco, è un uomo vero, genuino, concreto che un po’ ricorda personaggi alla Fascetti, quello che girava con gli articoli dei giornalisti che lo avevano infastidito nelle tasche.
Non vuole che i propri uomini si arrendano in campo anzi, si lotta per ogni cm di campo, fino all’ultimo fiato, fino all’ultima corsa. Ma il suo calcio non è solo lotta e sacrificio, è aggressione degli spazi, velocità di piede e pensiero, passaggi di prima, sovrapposizioni sulle fasce, pressing alto.
Un allenatore europeo, da calcio inglese che, non a caso, risulta essere indigesto a molte grandi squadre del nostro campionato.
Questo inizio di campionato ha già mostrato le qualità del nuovo Torino di Jurić ed ora il simbolo del club, il toro, sembra proprio essere ben rappresentato in campo e forse questo tecnico potrà riportare i granata in posizioni di classifica più consone alla storia di questo splendido club.