Per le strade di Teheran e di tutto l’Iran regna il caos. Il regime scricchiola e le proteste dilagano tanto da aver paralizzato letteralmente il Paese con scioperi di tutti i lavorati mentre, nell’anniversario del “Novembre di sangue” in riferimento alle proteste del 2019, sale il numero di morti e di esecuzioni tra civili e forze governative. L’Iran anche in passato aveva già vissuto momenti di particolare tensione, soprattutto a fine anni 70 quando la rivoluzione capovolse la monarchia a favore di una repubblica islamica sciita. Dal 13 settembre 2022 la nazione asiatica è salita agli onori della cronaca per l’arresto e poi l’uccisione (il 16 dello stesso mese) di Mahsa Jina Amini, ragazza di 22 anni, avvenuta per mano della polizia religiosa iraniana che l’avevano accusata di aver indossato in modo non corretto il velo, non osservando la legge in vigore dal 1981. Da qui è partita l’ondata di rivoluzione che sta massacrando l’Iran.
Calcio e politica
Le due cose dovrebbero scindere l’una dall’altra ma tutti sappiamo che non è così. Da sempre il calcio va a braccetto con la politica e quindi subito dopo l’inizio delle proteste Sardar Azmoun, giocatore in forza al Bayer Leverkusen, ha postato in instagram una grave accusa contro il regime del suo Paese rischiando davvero grosso. Si tratta del primo professionista, seguito poi da altri, ad aver alzato la voce sottolineando che esiste un piano per boicottare i Mondiali in Qatar facendo sapere anche a tutti che ai giocatori iraniani era vietato parlare sulla difesa dei diritti delle donne in Iran. Post scomparso e profilo oscurato per diverse ore il risultato di questo tentativo di Azmoun. Anche l’altra stella della nazionale in forza al Porto Mehdi Taremi si è espressa a favore delle donne iraniane giocando con il lutto al braccio e dichiarando di non voler festeggiare i gol segnati per rispetto del suo popolo. Non poteva mancare anche l’appoggio di un grandissimo ex come Ali-Daei che si schiera dalla parte dei manifestanti. Tutta la nazionale intanto, in forma di protesta, in una gara amichevole contro il Senegal il 28 ottobre, ha ascoltato l’inno nazionale indossando la tuta per coprire il simbolo dell’Iran.
Mondiali in Qatar, giusto far partecipare l’Iran?
La linea sottile tra cosa sia giusto e cosa no è davvero difficile da comprendere. Stanno sicuramente per cominciare i Mondiali più politicizzati della storia del calcio con molti professionisti del mondo occidentale, tra calcio, sport e spettacolo che sono scettici per via della scelta del Paese ospitante, il Qatar, considerata una nazione che calpesta i diritti umani. Ecco quindi che è nata anche la domanda se fosse giusto vedere in campo l’Iran che al momento è alle prese con la rivoluzione per i diritti delle donne. I manifestanti per le strade iraniane hanno chiesto a gran voce di non giocare i Mondiali in Qatar ma non partecipare vorrebbe dire non lanciare un segnale contro il regime agli occhi del mondo. I calciatori iraniani sono consapevoli di rischiare davvero molto perché hanno intenzione di non cantare l’inno e di ascoltarlo indossando le tute per evitare che possano vedersi i simboli dello stato asiatico. E sinceramente potrebbe anche esserci un’altra forma di protesta che ancora non consociamo.
Queiroz e la situazione difficile da gestire
Carlos Queiroz, allenatore dell’Iran nato in Mozambico, ha detto la sua dopo essere stato incalzato dalle domande soprattutto per aver convocato i due dissidenti del regime Azmoun e Taremi fortemente indicati dalla Federcalcio iraniana come due personaggi da scaricare per via delle loro dichiarazioni. Alla fine la decisione l’ha presa Queiroz che ha chiamato anche Alireza Jahanbakhsh del Feyenoord il quale aveva dichiarato che i componenti della nazionale sono tutti d’accordo nella forma di protesta che verrà attuata (oltre a quella legata all’inno, si parla anche di mancanza di esultanza in caso di gol). Il ct si è anche espresso sulla decisione dei suoi ragazzi di protestare contro il regime: ” Sono liberi di protestare come farebbero se provenissero da qualsiasi altro paese purché sia conforme ai regolamenti della Coppa del Mondo e sia nello spirito del gioco”, queste le parole pronunciate in conferenza stampa a Doha a pochi giorni dal via. Il botta e risposta coi giornalisti si è infiammato quando un giornalista inglese ha chiesto: “Ti senti tranquillo in questo Mondiale a rappresentare un paese come l’Iran che reprime i diritti delle donne?” provocando Queiroz che ha risposto per le rime: “Quanto mi paghi per rispondere a una domanda così? Non mettere nella mia bocca parole che non ho detto, ti ho chiesto solo quanto il tuo network mi pagherebbe per rispondere a questo tipo di domanda. Ok…”. Prima di lasciare la sala stampa ha rincarato la dose aggiungendo: “Dovresti iniziare a pensare a ciò che è successo nel tuo paese con l’immigrazione, a come vengono trattati gli immigrati in Inghilterra”.