Da Udine e per Udine sempre con il cuore sarebbe il titolo perfetto per un romanzo d’amore che narrerebbe la vicenda del cestista classe 1986 e i colori che l’hanno visto crescere. Michele Antonutti, dopo aver giocato con altre squadre, è tornato nella sua città perché c’è un obiettivo importante da ottenere in campo con la maglia dell’Apu Old Wild West Udine.
Michele, tu sei di Udine e hai mosso i primi passi da professionista proprio nella gloriosa società della Snaidero Udine. Cosa significava per un giovane atleta che si affacciava nel mondo degli adulti giocare nella squadra della sua città natale?
“Quando iniziai molti giocatori mi dissero che ero molto fortunato perché è una cosa che succede pochissimo cioè avere la fortuna di poter giocare nella squadra della propria città quindi è una cosa che molti mi hanno invidiato ma c’è anche un senso di responsabilità doppio perché sugli spalti non vedi solo dei tifosi ma vedi anche gente a cui vuoi bene, come gli amici storici di una vita, i parenti, i vicini, vedi i tuoi concittadini. Quindi hai un senso di appartenenza che cresce, un senso di responsabilità verso i colori che è maggiore.”
Qual è stato il momento più bello della tua prima esperienza nel club friulano?
“Da tifoso quando io giocavo nelle giovanili era la promozione di Udine dalla A2 alla A1 con Matteo Boniciolli. Questo è stato sicuramente un momento per me pazzesco perché è un ricordo unico. Tra le tante avventure per me gli esordi sono i momenti più belli. L’esordio in campionato, la mia prima Coppa Italia, la mia prima partita in EuroCup quindi tutti questi esordi nelle massime competizioni con la mia maglia, della mia città, in giro per l’Italia e per l’Europa rappresentano una grande emozione. Ogni maglia che ho di quei momenti mi riportano alla mente tanti ricordi.”
Dopo le tue otto stagioni passate a Udine hai viaggiato molto in giro per l’ Italia. Hai cambiato diverse squadre. Quale esperienza ti è rimasta particolarmente nel cuore e perché?
“Dico sempre che la bellezza di aver girato tanto mi ha portato anche a tante conoscenze e a tante qualità che ho trovato in ogni posto,. Ogni posto mi ha insegnato qualcosa di speciale. Chiaramente dove vinci è sempre bello, ad esempio alla vittoria del trofeo europeo con Reggio Emilia è particolare ma anche le grandi stagioni con Pistoia o la cavalcata finale con Caserta. L’Italia è speciale perché in ogni posto c’è qualcosa da imparare.”
Parlando proprio di Reggio Emilia, tu con Reggio sei passato dalla A2 alla conquista del primo titolo europeo della storia della società, l’EuroChallenge, da capitano. Vorrei sottolineare due gare in particolare: contro il Novo Mesto vinta ai supplementari ma che in caso di sconfitta vi avrebbero buttato fuori e la finale contro il Triumph Liberty. Come l’hai vissuta questa avventura direi speciale?
“Sono state avventure incredibili. Se uno ci pensa ho ancora i brividi ed è bello perché c’è ancora questa vicinanza della gente che ricorda questi momenti fantastici. Io penso che sono emozioni che spero che tutti possano vivere perché portare in alto una società dalla Legadue, arrivare e vincerla al primo anno e poi giungere a un percorso di crescita europea in poco tempo è un qualcosa che ha portato una grande e forte identità sia a noi giocatori che al club stesso.”
Facciamo un balzo ai giorni nostri, hai deciso di tornare a Udine. Cosa ti ha convinto a fare questa scelta e in che modo la sconfitta nelle finali di A2 dello scorso anno rappresenti una motivazione in più per raggiungere la promozione visto che Udine va forte anche in questa stagione?
“Quando andai via avevo lasciato una maglia. Era una maglia con l’aquila friulana dell’ultima partita che ho giocato a Udine, sapendo che poi sarei andato via e la feci firmare da tutti, da tutte le persone che lavoravano nella società e dai miei compagni dicendo che un giorno l’avrei ritirata fuori. Questa maglia è stata nel comodino di fianco al mio letto per tutti questi anni e quando tornai quella maglia uscì di nuovo e quando facemmo la presentazione uscì fuori proprio quella maglia lì. La mia idea era che se un giorno ci fosse stato bisogno di qualcosa di speciale avrei voluto ridare a Udine quello che mi ha dato facendomi crescere. Questo era un pensiero che avevo sempre e quindi quando mi si è presentata l’opportunità, contando anche una mia età diversa ho deciso che era giusto ricongiungersi ed è arrivata. Devo dire che sono stati anni molto belli perché se penso al primo anno che sono arrivato, eravamo secondi in classifica e ci fu il Covid che bloccò tutto. L’anno scorso siamo arrivati in finale e quindi ho capito che adesso si è riuscito a costruire una solidità e una mentalità importante e vincente per gli anni futuri. ”
Udine sta facendo una cavalcata incredibile in A2 ma la sconfitta del 23 gennaio contro Biella, una squadra in piena lotta per la salvezza, a cosa vi è servita? Molti addetti ai lavori la consideravano una vittoria “facile” per la capolista…
“Io ho giocato a Biella e ho giocato anche in quel palazzetto e di facile non c’è proprio nulla. Le grandi che hanno giocato lì, risultati alla mano, hanno vinto ai supplementari o all’ultimo tiro o soffrendo molto. Biella ha una forte identità ed è un club di esperienza quindi sa come lottare anche nelle difficoltà. Partendo da questo presupposto una stagione non può essere fatta soltanto di alti ma è fatta anche di bassi e la solidità mentale del gruppo squadra, del gruppo società è quella che se succede un passo falso, che sicuramente accade nell’arco di una stagione, da un passo indietro te ne fa fare due in avanti. Questo vuol dire che si sta lavorando nella giusta direzione. “
Parlando delle Final Eight di Coppa Italia. Ai quarti affronterete la San Giobbe Chiusi, una squadra da prendere un po’ con le molle che nel Gruppo Rosso mantiene costantemente il quarto posto. Che tipo di gara ti aspetti e più in generale che evento sarà secondo te?
“La Coppa Italia è una competizione a sé. Tutto quello che succede in campionato si annulla, si azzera. È la competizione in cui io nella mia carriera ho visto più sorprese quindi regola numero uno pensare alla singola partita come singola partita. Non c’è programmazione ma c’è il singolo evento e quindi bisogna avere la determinazione di pensare a Chiusi che è una squadra che ha una bella solidità. Si tratta di una squadra che avendo vinto la Serie B, e non è facile perché è un campionato durissimo, ha un’ossatura importante e giocatori di esperienza. La sfida contro Chiusi è una gara delicata perché sicuramente loro potranno giocare con la mente più libera della nostra e quindi ci vuole una grande concentrazione e una grande determinazione per superare il primo ostacolo di questo evento.”
Qual è secondo te l’aspetto determinante per arrivare fino in fondo: la condizione fisica? Quella mentale? La bravura e la fortuna?
“È importante la condizione in cui una squadra arriva. La forza mentale di non focalizzarsi a lungo termine sul singolo evento e all’interno del gruppo sapere che c’è bisogno delle piccole cose da parte di ognuno per poi riuscire a raggiungere un grande risultato quindi c’è una divisione delle varie attenzioni, attenzione fisica, attenzione mentale e di concentrazione che rendono questa competizione un evento particolare”.