Il 22 ottobre 1964 il Dio del basket decide di mandare sulla terra uno dei più grandi cestisti europei della storia. Siamo in una ridente cittadina che si affaccia sul mare Adriatico: Sebenico (Jugoslavia fino al 1992 e poi Croazia). A casa Petrovic viene al mondo la futura stella della palla a spicchi: comincia la storia di Dražen, il “Mozart dei canestri” o, se preferite, “il diavolo di Sebenico”.
I Petrovic sono una famiglia modesta con due figli che passano il tempo a sfidarsi nei campetti di basket. Il più grande, Aleksandar Petrovic, lo conosciamo molto bene per aver giocato a Pesaro nel 1987-1988 e per esserne l’allenatore da questa stagione. Dražen già dalla tenera età ha un’incredibile eleganza nel tiro e sia i genitori che “Aka” Aleksandar lo incoraggiano a fare meglio. Dražen cresce e, come vuole la legge non scritta delle leggende (leggere sul dizionario alle voci “Jordan–Bryant”), riesce a procurarsi le chiavi della palestra scolastica e ogni mattina va ad allenarsi svegliandosi molto prima delle 5. Gli insegnanti sono preoccupati perché vedono un ragazzino perso nell’ossessione sportiva e cercano di convincerlo a pensare di più alla scuola che al basket ma lui non ne vuole sapere e continua a tirare a canestro.
Il fratello nel frattempo strappa un contratto a Zagabria con il Cibona, una delle squadre più importanti in tutta la Jugoslavia mentre Dražen comincia a giocare nel K.K. Sibenik, la classica prima tappa dei giovani di Sebenico. Il Sibenik arriva a giocarsi la finale di Coppa Korac perdendola contro il Limoges. La stagione seguente Dražen raggiunge il fratello al Cibona e insieme trascinano la compagine di Zagabria a vincere la Coppa dei Campioni nel 1984-85 contro il Real Madrid e nel 1985-1986 contro lo Zalgiris Kaunas con Sabonis in campo.
All’età di 22 anni Dražen è troppo forte per giocare in Jugoslavia: media di 30 punti a partita e addirittura contro l’Olimpija Smelt ne segna 112. Arriva la chiamata del Real Madrid mentre un giornalista sportivo italiano gli affibia il nomignolo di “Mozart dei canestri”.
A Madrid, è proprio il caso di dirlo, la musica non cambia e nel 1989 nella finale di Coppa Korac contro Caserta e Oscar Schmidt tocca quota 62 punti.
Scocca l’ora di provarci nell’NBA. L’inizio però non è esaltante. Con la maglia dei Portland Blazers Dražen non incanta e il coach Rick Adelman gli lascia poco spazio. Nel frattempo con la canotta della fortissima nazionale jugoslava vince i Mondiali del 1990 contro l’Unione Sovietica.
La Jugoslavia però comincia a sgretolarsi a causa della guerra e i rapporti all’interno dello spogliatoio vacillano. Durante i festeggiamenti del Mondiale appena vinto sul parquet di Buenos Aires un tifoso indipendista si avvicina ai giocatori con la bandiera della Croazia. Il serbo Vlade Divac, grandissimo giocatore dei Lakers, rifiuta la bandiera croata e nei Balcani diventa un eroe nazionale per i serbi e un acerrimo nemico per i croati. Vlade e Dražen, migliori amici fino a quel momento, non si parlano più. La Jugoslavia intanto non esiste più e il rapporto di amicizia tra i due nemmeno. Il più grande rammarico di Vlad è non aver mai potuto ricucire il rapporto con l’ex amico Drazen.
Il ragazzo di Sebenico va ai New Jersey Nets e lì comincia a segnare a raffica. L’NBA è cambiata, non ci sono più i pregiudizi nei confronti dei giocatori non americani e il croato affascina le arene statunitensi.
Ai Giochi Olimpici di Barcellona nel 1992 il nuovo stato croato si arrende solo in finale al Dream Team americano. Dražen va sul podio con la bandiera del nuovo stato appena nato.
Dopo una grande stagione in NBA Dražen viene eliminato al primo turno dei playoff e decide quindi di raggiungere la nazionale per giocare una gara di qualificazione in Polonia. Dopo la partita scelse di tornare in Croazia con la fidanzata Klara Szalantzy in macchina.
Scelta fatale. Il 7 giugno 1993 alle 17.20 la macchina guidata dalla sua fidanzata si schianta contro un camion che viaggiava nel senso opposto. Dražen muore all’età di 28 anni mentre dormiva sul sedile anteriore.