Un giorno scherzando ma neanche troppo con una mia amica di Cordoba (Argentina) sul legame tra Italia e Argentina dissi: “Carla, secondo me Italia e Argentina sulla terra sono come il cuore e l’anima di una persona. Gli organi sono gli stati che le separano e il corpo è rappresentato dalla superficie terrestre ma il legame tra i due Paesi va oltre qualcosa che si può toccare con mano”.
Il legame sportivo e sociale di due nazioni lontane solo geograficamente
Il legame storico dovuto all’emigrazione italiana in Argentina ha portato alla creazione di intrecci culturali divertenti per cui un piatto tipico argentino come le famosissime “empanadas” sono anche i “panzerotti” che ho mangiato a Bari. L’affinità linguistica per la quale un argentino ti direbbe di prendere quella cosa che sta sopra quell’altra cosa. I nomi e i cognomi di tanti atleti e personaggi dello spettacolo argentino che suonano come quelli dei nostri vicini di casa. Gli argentini che quando parlano di noi usano spesso la parola “hermanos” (fratelli) come hanno fatto nel video di supporto al popolo italiano durante la pandemia Covid-19 e come dice anche Manu Ginobili in un’intervista rilasciata a ESPN quando parla dell’oro olimpico di Atene 2004 vinto contro “Los hermanos italianos”…è proprio questo il tema di oggi, lo sport.
Grandi atleti argentini con un rapporto speciale con l’Italia
Il filo conduttore nello sport tra Italia e Argentina (e vi sfido a trovare un Paese straniero che ci ha dato così tanto) viene inaugurato da Juan Manuel Fangio nella Formula uno: El Chueco vince in totale cinque Mondiali, di cui tre con scuderie italiane che sono nell’ordine Alfa Romeo, Ferrari e Maserati.
Questo filo conduttore continua la sua lunga traversata anche nel basket dove la Generación Dorada che forma una nazionale di basket fantastica ha in Ginobili, Montecchia e Sconochini prima e in Scola e Delfino dopo, giocatori che incantano i parquet della Serie A1 italiana.
Persino nella pallavolo c’è un legame che porta l’Argentina in Italia con il palleggiatore sudamericano Luciano De Cecco che ammalia il pubblico di Perugia e con l’anno dopo con la casacca della Lube Macerata segna il punto della vittoria del campionato con una finta dalla difficoltà estrema (stagione 2020-2021).
E nel calcio? Direte voi, nello sport più amato dai due Paesi questo filo conduttore dove parte e dove arriva? E nel calcio parte da sicuramente da Genova e arriva fino a Buenos Aires dove nel 1905 un gruppo di giovani liguri fonda il Boca Juniors. E poi ci sono loro, i calciatori: Sivori, Passarella, Simeone, Samuel, Batistuta, Crespo, Lavezzi, Zanetti, Veron, Cambiasso..una lista infinita di giocatori amati in Italia ma nessuno mai è riuscito a raggiungere i livelli di Diego Armando Maradona.
L’unico in grado di legare i due Paesi. Unico, inimitabile
Maradona è la consacrazione e anche il simbolo dell’anima e del cuore dei due Paesi separati geograficamente ma uniti calcisticamente.
El Pibe de Oro rappresenta una divinità calcistica senza eguali. Basti pensare che in tutti gli sport si parla sempre del “Maradona del basket o del Maradona della pallanuoto”. Il giocatore più forte di tutti i tempi che non a caso ha vestito anche la maglia del Boca Juniors e soprattutto quella del Napoli. Se risulta difficile provare a descrivere il legame tra Italia e Argentina, tentare di parlare del filo conduttore tra Napoli e Maradona è una missione impossibile. Maradona ha entusiasmato tutti gli appassionati di calcio sulla terra e addirittura è conosciuto anche da quelli che non hanno mai tirato un calcio nemmeno a una lattina per strada ma a Napoli e per Napoli l’ormai compianto giocatore argentino è stato un qualcosa di straordinario. Dopo Argentinos Juniores, Boca Juniors e Barcellona è la formazione partenopea a portarlo in Serie A nel 1984 con oltre ottantamila persone che andarono al San Paolo (oggi Stadio Diego Armando Maradona) e pagarono una cifra simbolica di mille lire per vedere la presentazione del gioiellino di Lanus.
“Oh mamma mamma mamma, Oh mamma mamma mamma, Sai perchè mi batte il Corazon, ho visto Maradona, ho visto Maradona, Oh mamma innamorato sò”
Tra il calciatore e la tifoseria è subito amore a prima vista e i partenopei riversano tutta la loro passione cantando “oh mamma mamma mamma sai perché mi batte il corazon? ho visto Maradona e innamorato sò”. Diego è l’uomo della provvidenza, il calciatore che non si era mai visto prima in Italia, capace di vincere le partite da solo e di segnare reti incredibili tanto da strappare gli applausi anche dei tifosi avversari. Nel 1986-1987 lo scudetto per la prima volta nella storia è del Napoli allenato da Ottavio Bianchi e trascinato da Diego. I partenopei in quella stagione riuscirono a superare la Juventus dopo 32 anni di digiuno a Torino, una vittoria che rappresentava molto di più dei due punti ottenuti in classifica proprio come lo scudetto vinto che per il Napoli aveva anche un significato storico e del riscatto sociale importante: una squadra del sud che riesce ad imporsi davanti a Juventus, Inter, Verona e Milan.
Dopo la vittoria della Coppa Uefa nella stagione 1988-1989, i partenopei vincono sempre con Maradona il campionato 1989-1990 e la Supercoppa Italiana nel 1990. La sue esperienza in Italia si chiude nel marzo del 1991.
L’impatto che ha avuto Maradona tra la gente di Napoli è stato senza precedenti nella storia dello sport: molte famiglie cominciarono addirittura a chiamare i propri figli Diego o Armando e le proprie figlie Mara e in alcuni casi anche Dona.
Mondiale 1986, ai quarti di finale non è solo una questione di calcio
Mondiali di calcio Messico 1986. L’Argentina solleva la coppa più bramata dai calciatori e dai tifosi: La Coppa del Mondo. Maradona segna cinque reti e distribuisce sette assist con i sudamericani che non perdono mai e che non riescono a superare solo l’Italia (1-1 nella prima fase a gironi). Quando sei destinato a diventare la leggenda e il mito dello sport che pratichi riesci a fare qualcosa che nessuno mai potrebbe nemmeno pensare di imitare: Secondo tempo dei quarti di finale tra Inghilterra e Argentina. Si tratta di una gara molto sentita perché nel 1982 inglesi e argentini avevano combattuto nella guerra delle Malvine e nei cuori dei sudamericani c’era voglia di rivalsa per la sconfitta militare. Maradona segna il gol del vantaggio superando con un tocco di mano il portiere in uscita, gli arbitri non si accorgono della scorrettezza e l’Argentina passa in vantaggio grazie a quella che è passata alla storia come la “mano de Dios”. C’è comunque ancora tempo per segnare quello che è stato riconosciuto come il “gol del secolo”: Maradona parte palla al piede e salta tutti gli avversari che cercano di fermarlo e infine beffa il portiere per il definitivo 2-0. Dopo l’Inghilterra doppietta al Belgio in semifinale e assist in finale contro la Germania Ovest per il 3-2 finale. L’Albiceleste è Campione del Mondo per la seconda volta nella sua storia.
Ci riprovano anche nell’edizione del 1990 disputatasi in Italia. L’avvio è un disastro: vince il Camerun 1-0. Vittoria per 2-0 contro l’Unione Sovietica e 0-0 contro la Romania. I sudamericani chiudono il girone al terzo posto e affrontano il Brasile, battuto grazie all’assist del “Pibe de oro” per la rete di Caniggia. Poi tocca alla Jugoslavia eliminata ai rigori e in semifinale l’Argentina si ritrova davanti l’Italia. La partita si gioca al San Paolo di Napoli, una scelta molto criticata in Italia. Il pubblico, innamorato delle gesta di Maradona ma comunque di fede azzurra, è diviso nel tifo. Passano loro dopo l’1-1 e i calci di rigore. La finale è di nuovo contro la Germania Ovest ma a Milano i tifosi non riservano la stessa accoglienza che l’Albiceleste ha trovato al San Paolo. Sensini atterra Voller all’85’ e Brehme segna la rete che porta i tedeschi sul tetto del mondo.
“Boca sos el beso de mi mama” e come lo ricordiamo noi italiani
Dopo aver giocato con Siviglia, Newell’s Old Boys e di nuovo Boca Juniors (“Boca sos el beso de mi mama”, Boca sei il bacio della mia mamma, dirà romanticamente Maradona diversi anni più tardi) Diego comincia una carriera da allenatore che non gli regalerà le gioie vissute da calciatore.
“Vedi Carla, noi italiani Diego preferiamo ricordarlo così, per quello che ha dato al nostro campionato, al Napoli, alla storia del calcio”.
Ciao “amico” Diego…il mito e la leggenda non muoiono mai!